Con il Decreto Ministeriale 188 del 21 Giugno del 2021 il Ministero dell’Istruzione ancora una volta ha posto al centro dell’attenzione il tema dell’inclusione assumendo una posizione ferma. Il D.M.188 disciplina le modalità attuative degli interventi di formazione obbligatoria del personale docente impegnato nelle classi con alunni con disabilità e la sua finalità non è solo l’inclusione scolastica ma anche garantire il principio di contitolarità della presa in carico dell’alunno stesso. I docenti curricolari, in altri termini, sono chiamati a dare il loro contributo alla formazione di tutti gli alunni presenti nella classe ma, sottolinea il Ministero, con una preparazione adeguata.
Qual è il motivo per cui appare improvvisamente importante la preparazione dei docenti curricolari in materia di disabilità, se gli alunni con disabilità fruiscono del docente specializzato nel sostegno? Per rispondere a questa domanda occorre tornare indietro di un ventennio, ormai, all’anno 2000 quando T. Booth e M. Ainscow con la pubblicazione dell’ INDEX FOR INCLUSION¹ (diffuso in Italia nel 2008 da Davigo e Janes²) evidenziavano l’importanza del contesto in cui gli individui vivono e agiscono, e quanto il contesto fosse determinante nell’includere o nell’escludere l’individuo favorendone o meno la partecipazione alle attività. Si comprende, quindi, che includere vuol dire rendere possibile la partecipazione di un individuo alle attività e che questa possibilità si realizza con la partecipazione di tutti coloro che costituiscono il contesto nel quale agiscono in relazione.
Tutti gli studenti, cioè, sono responsabilità e cura dell’ intera comunità educante, chiamata a contribuire al loro percorso di formazione e di crescita nell’ ambito delle proprie competenze e, dunque, chiamata ad interrogarsi circa l’inclusività del curricolo, della struttura scolastica, della didattica e circa l’impiego delle risorse e delle competenze delle risorse stesse. Non solo: tutti i membri della comunità educante sono chiamati a partecipare al processo e al percorso dei propri studenti, sono cioè inclusi. Il cambiamento di prospettiva, tracciato dall’ Index for inclusion, si rivela, allora, epocale in quanto evidenzia che il percorso verso l’inclusione non può e non deve essere un mosaico di azioni isolate, spesso affidato alla sensibilità personale o alla specifica preparazione di singoli docenti, ma un’azione complessa e unitaria cui concorrono tutti i membri della comunità in stretta relazione tra loro. Ed è proprio nella relazione e della relazione che vive l’inclusione: pertanto non può e non deve essere delegata al solo docente di sostegno ma riguarda tutti gli alunni e tutti i docenti. Il non essere abili, dis-abili, diventa chiaro allora che è frutto di un contesto che ostacola l’ apprendimento e la partecipazione degli alunni alle attività quotidiane: “La disabilità non è una caratteristica della persona, ma una condizione che si determina in un ambiente sfavorevole³.
E’ evidente, allora, che l’inclusione deve parlare la lingua della eterogeneità e della simultaneità di alunni e docenti che sono nel contesto e che costituiscono il contesto stesso. Occorre partire “… dalla considerazione fondamentale che l’inclusione riguarda necessariamente tutti gli alunni/e, nessuno escluso, e non solo quelli con Bisogni educativi speciali di vario genere”⁴. Sulla stessa linea concettuale si pone La Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF) della Famiglia delle Classificazioni Internazionali dell’OMS insieme all’International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems 10th revision (ICD-10) e all’International Classification of Health Interventions (ICHI) che, approvato nel 2001 nella 54° World Health Assembly (WHA), costituisce un modello unificato per la descrizione della salute e degli stati ad essa correlati. L’adozione del codice ICF-CY, che in ambito clinico affianca l’ ICD-10, rinnova l’idea che l’individuo debba essere compreso e rappresentato nelle sue caratteristiche psico-fisiche e nella sua partecipazione alle attività quotidiane, determinata da fattori personali e ambientali. Ne deriva un’istantanea che restituisce finalmente spessore alla relazione tra la persona e il contesto in cui è inserita.
Affinché questa relazione sia didatticamente inclusiva ed efficace è necessario abbattere tutti quegli elementi che possono ostacolare l’apprendimento, occorre, cioè, che il contesto di apprendimento sia inclusivo e che l’apprendimento stesso sia accessibile. In questa direzione si è mosso L’ Universal Design for Learning. Il termine «Universal Design» coniato nel 1985 dall’architetto L. Ronald indica un approccio che muove dai principi dell’accessibilità architettonici e informatici; questo concetto fu trasferito, poi negli anni ‘90, in ambito didattico dal gruppo CAST⁵ e applicato nel progetto di rendere l’apprendimento accessibile a tutti all’origine senza ulteriori adattamenti: in breve tempo con l’applicazione dell’ UDL si passò dall’ assistere gli individui ad adattarsi al curricolo educativo mediante le tecnologie assistive alla constatazione che è il curricolo a doversi adattare agli individui e che l’impossibilità o la difficoltà di questa operazione evidenzia la disabilità del curricolo stesso.
Questa presa di consapevolezza ne comportò un’altra: il peso dell’adattamento non poteva ricadere sull’ individuo, ma doveva ricadere sul contesto, in cui occorreva abbattere le barriere per garantire l’accessibilità. L’ U.D.L costituisce, dunque, un insieme di principi, linee guida e punti di verifica che consentono concretamente ai docenti di progettare per tutti e a tutti di apprendere: cioè “richiede sistematicamente di pensare ad altri modi di presentare le informazioni, ad altri modi di comprendere le situazioni, ad altri modi di rispondere e reagire, ad altri modi di esprimersi”⁶.
Tornando al presente con il D.M. 188, possiamo considerare questo decreto un tassello importante all’interno del percorso finalizzato a rendere i docenti abili a realizzare di fatto l’ inclusione nelle classi di oggi: con esso, il Ministero dell’Istruzione individua la necessità che tutti i docenti abbiano una formazione atta a comprendere i bisogni educativi degli alunni con disabilità e ad intervenire in modo efficace nel loro percorso formativo. Nello specifico, viene indicata come necessaria da parte dei docenti curricolari non specializzati l’acquisizione della capacità di leggere la documentazione clinica per poter trasferire le informazioni rilevanti in ambito didattico, la conoscenza non solo dei principi teorici dell’ Universal Design for Learning ma soprattutto la capacità di rendere accessibile l’apprendimento attraverso l’ applicazione delle indicazioni dell’ U.D.L. già a partire dalla progettazione didattica. Il fine di questo processo formativo è che i docenti tutti, curricolari e specializzati, possano stare in modo consapevole nella relazione con gli alunni tutti, possano contribuire al percorso evolutivo e di apprendimento di tutti gli alunni con cui sono in relazione, riappropriandosi del proprio ruolo di adulti di riferimento.
Si scrive inclusione, si legge normalità.
Autrice: Linda D’Ilario
__________________________________________
¹ Consultabile in lingua originale al seguente link: clicca qui
² T.Booth- M.Ainscow, Index per l’inclusione, e.i. di F.Dovigo- D.Ianes, Trento 2008. Consultabile per uso non commerciale al seguente link: clicca qui
³ OMS, 2001
⁴ A.Canevaro- D.Ianes (a cura di), Un altro sostegno è possibile, Trento 2019 p.60
⁵ Pagina di riferimento: clicca qui
⁶ D.Ianes, UDL: una strategia fondamentale per l’inclusione, Trento 2016 p. 9